Helen Cammock

Che si può fare

13 ottobre 2019 – 8 marzo 2020


Helen Cammock, vincitrice della settima edizione del Max Mara Art Prize for Women e nominata al Turner Prize 2019, dopo la prima tappa londinese alla Whitechapel Gallery di Londra (25 giugno – 1 settembre 2019) presenta la nuova mostra Che si può fare alla Collezione Maramotti, che ne acquisirà le opere. L’allestimento, rielaborato dall’artista nello spazio differente della Collezione, sarà anche arricchito da un libro d’artista realizzato in luglio all’Istituto Centrale della Grafica di Roma.

Nell’opera di Helen Cammock si intrecciano la narrativa femminile incentrata sulla perdita e sulla resilienza con la musica barocca composta da musiciste del Seicento, ispirazioni e racconti attraverso cui l’artista ha esplorato il concetto del lamento nella vita delle donne attraverso storie e geografie. Oltre al libro d’artista recentemente realizzato, la mostra include un film, una serie di incisioni su vinile, un fregio serigrafato e una stanza di ricerca in cui sono esposti libri e oggetti raccolti da Cammock e a lei donati durante il suo periodo in Italia.

La mostra è infatti il risultato di una residenza italiana di sei mesi nel 2018, organizzata da Max Mara, Whitechapel Gallery e Collezione Maramotti, e ideata a misura dell’artista. Nel suo percorso, che l’ha portata a fare tappa a Bologna, Firenze, Venezia, Roma, Palermo e Reggio Emilia, Cammock ha deciso di esplorare l’espressione del lamento e riscoprire voci femminili nascoste. Nel corso della residenza musiciste, storiche, artiste e cantanti hanno aperto i loro archivi e condiviso narrazioni e ricerche. Il video in tre parti che è al cuore della mostra consiste in interviste con alcune delle donne che Cammock ha incontrato nel suo viaggio, tra cui attiviste nel sociale, migranti, rifugiate, una suora e donne che hanno combattuto la dittatura. L’opera rievoca il potere delle voci femminili dall’epoca del Barocco all’Italia di oggi. Le loro testimonianze sono intercalate con brani musicali e filmati girati in Italia in un complesso collage visivo e orale. Cinque stampe dai colori saturi rappresentano musica e voce mediante disegni al tratto e un lungo fregio a parete contiene immagini e parole legate alle donne che Cammock ha incontrato in Italia.

Che si può fare riprende il titolo di un lamento preoperistico del 1664 della compositrice italiana Barbara Strozzi (1619-1677). Cammock ha preso lezioni di canto lirico per imparare quest’aria, sulla quale si è esercitata nel corso di tutta la sua residenza. La musica è un elemento ricorrente nella nuova opera video e nella performance dal vivo che avrà luogo durante l’inaugurazione della mostra: Cammock eseguirà la musica di Strozzi accompagnata da una trombettista jazz, facendo così rivivere l’eredità della compositrice attraverso la sua voce. La musica della coeva musicista italiana Francesca Caccini (1587-1641) viene incorporata nella performance come colonna sonora ad accompagnare la parte di movimento. Strozzi e Caccini erano famose presso i loro contemporanei, ma ben presto i loro nomi sono caduti nell’oblio e soltanto ora le loro composizioni vengono riprese ed eseguite ancora una volta. Poetessa visiva i cui disegni, stampe, fotografie e filmati si affiancano a parole e immagini, Cammock porta avanti una pratica artistica multimediale in cui abbraccia testo, fotografia, video, canzone, performance e incisione, ed è determinata dal suo impegno a mettere in discussione le narrative storiche tradizionali sull’identità dei neri, delle donne, sulla ricchezza, sul potere, la povertà e la vulnerabilità. L’artista attinge dalla sua esperienza personale, insieme a riferimenti a storie di oppressione e resistenza, incorporando influenze provenienti da jazz, blues, poesia e danza, oltre alle parole di scrittori come James Baldwin, Maya Angelou e Audre Lorde. Cammock scava e riporta in superficie voci perdute, inascoltate o sepolte. Per l’artista, la musica – da Nina Simone e Alice Coltrane alla seicentesca musica preoperistica italiana – consente di perseguire questa ricerca che esplora la complessità del concetto di storia. Private view su invito: 12 ottobre 2019, ore 18.00, alla presenza dell’artista. Durante l’inaugurazione Cammock presenterà una performance accompagnata da una trombettista e una tastierista, e in collaborazione con il Centro Culturale Mondinsieme e Progetto Rosemary, con cui l’artista ha lavorato durante la sua residenza a Reggio Emilia.


Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente. 

13 ottobre 2019: 14.30 - 18.30 
17 ottobre 2019 - 8 marzo 2020 
Giovedì e venerdì 14.30 - 18.30 
Sabato e domenica 10.30 - 18.30 
Chiuso: 1° novembre, 25–26 dicembre, 1 e 6 gennaio

 

Selezione rassegna stampa

C. Moioli, Unfurl: Helen Cammock, in “Mousse Magazine", 19 nov. 2019

G. Diana, Helen Cammock: «Il corpo è rivoluzionario e il tatto è centrale», in "Il Giornale dell'Arte", 15 nov. 2019

J. Higgie, Bow Down. Helen Cammock on Artemisia Gentileschi, in "Frieze.com", 4 nov. 2019

C. Jansen, Why singing is so important to this Turner Prize Nominee, in "Elephant.art", 4 nov. 2019

F. Antonioni, Collezione Maramotti. Max Mara Art Prize for Women. Assegnato a Helen Cammock per "Che si può fare?", intervista a Sara Piccinini, in "Radio 3 Suite", 14 ott. 2019

R. Stavropoulos, What can be done: Helen Cammock, in "The Florentine", 12 ott. 2019

 

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