Jules de Balincourt

Parallel Universe

7 ottobre 2012 – 21 aprile 2013


Parallel Universe è un progetto di Jules de Balincourt per la Collezione Maramotti, costituito da cinque nuovi dipinti che dopo la mostra entreranno a far parte della Collezione. Come spesso accade nel lavoro di questo artista, le opere sono state dipinte contemporaneamente, nel medesimo studio, così che durante la loro realizzazione esse sono entrate in dialogo tra loro, divenendo il risultato di uno stesso processo creativo. De Balincourt ha un approccio alla pittura fortemente intuitivo, che privilegia uno sviluppo organico delle opere, le quali prendono così specificamente forma sia singolarmente che come insieme.

I dipinti di Parallel Universe possono perciò essere letti come una mappa di parti liberamente intrecciate, tesa ad esplorare e registrare le relazioni che intercorrono tra rappresentazione, astrazione e gesto pittorico.

L’immagine della mappa nelle opere precedenti dell'artista è stata spesso analizzata nella sua doppia dimensione, politica e cartografica. Ma con Big Globe Painting e Globe Faces – le due opere-mappa presentate in questa mostra – de Balincourt si libera da qualsiasi vincolo di rappresentazione più o meno accurata del mondo in termini di continenti, paesi e confini. Nel tentativo di trasmettere un senso più universale del tempo e dello spazio, egli ci ricorda che abitiamo anche mondi interiori, giungendo a una rappresentazione che è più vicina alla realtà della vita che a quella della mera geografia. Le sue sono immagini che sconfinano nell’astrazione, come del resto la maggior parte della sua produzione attuale; sono più simboliche che diagrammatiche e possono quindi essere viste come un’esigenza liberatoria, non solo nel senso di un progressivo spostamento dalla figurazione all’astrazione, ma anche in termini di affrancamento da modalità di pensiero razionale e oggettivo.

Waiting Tree emblematizza chiaramente la processualità del lavoro di de Balincourt, nel quale l’artista procede senza piani prestabiliti, accettando la sorpresa delle trasformazioni di una immagine mano a mano che essa prende vita. In una prima versione del quadro, de Balincourt aveva rappresentato un gruppo di giovani musicisti che suonavano durante una protesta. Nel corso del tempo, tornando sul lavoro, quell'immagine è stata quasi completamente cancellata: l’unica traccia sopravvissuta è l’albero che rappresenta vita, protezione e crescita. La scena, apparentemente naturalistica, grazie a una tavolozza evanescente e psichedelica, diviene fantasmagorica, bagnata da una luce spettrale in cui assenza e presenza si compenetrano. Le figure che abitano la scena, considerate ancora come agenti di un cambiamento, esistono in uno spazio intermedio, un luogo di transizione, di attesa, di passaggio. Come nelle sue mappature astratte, de Balincourt presenta in questo lavoro "uno spazio più generico di ansia e speranza", un senso di appartenenza e insieme di dislocazione.

Psychedelic Soldier può costituire una sorta di autoritratto per un artista che raramente si rappresenta apertamente nelle sue opere. Il quadro diventa il paradigma di un’esplorazione di tecniche pittoriche di "mimetizzazione”, un celarsi sotto gli occhi di tutti, un’immersione nell’ambiente circostante. La mimetizzazione, nel conferire al lavoro dell’artista una complessa trasparenza, può così essere considerata metafora del gesto pittorico in generale e della stratificazione di immagini in questa mostra. Il volto del soldato e la superficie del mappamondo, per esempio, possono sottintendere modalità diverse di rappresentare un paesaggio o uno spazio conflittuale.
Per de Balincourt la divisa mimetica che i soldati indossano nelle zone di guerra li rende ancor più visibili anziché fonderli con lo spazio circostante e, per assurdo, li trasforma in potenziali bersagli. Il dipinto diventa così una protesta contro l’assurdità della guerra.

Burst Painting, un'esplosione luminosa che costituisce il centro di questo gruppo di opere, è il quadro che secondo l’artista ancora l’intera mostra. Correlata da un punto di vista pittorico all’action painting, agli anni Cinquanta, ma anche agli anni Sessanta e alla Pop Art, è molto più che un’immagine ibrida. Vista insieme ai lavori dell’artista che rappresentano mappe e mappamondi, la deflagrazione di Burst Painting sembra rappresentare il Big Bang, la nascita dell’universo. Ma, per de Balincourt, essa è anche l’immagine della creazione e della distruzione e può essere letta in termini delle nostre debolezze o punti di forza interiori, capaci di auto-implodere in modo catastrofico o di entrare in risonanza positiva con l’esterno. Tutto il lavoro di de Balincourt è imperniato sul concetto di polarità di forze e di energia e come essa viene impiegata. L’artista cerca di catturare “il potenziale utopico/distopico presente in ogni immagine, così come [in noi stessi], nella nostra capacità di essere portati verso l’una o l’altra direzione”.
Come ha lui stesso affermato: “Una dualità che mi interessa esplorare nel mio lavoro è quella di astrazione e rappresentazione… Penso che l’astrazione derivi da uno stato primordiale del subconscio, mentre l'immagine [e la narrazione] derivano dalla parte più razionale e cosciente della mente […] Così come cerco di essere il più aperto possibile nel trasmettere immagini derivanti sia dal livello del conscio che da quello del subconscio, allo stesso modo vorrei che chi guarda si avvicini alla mia opera con la maggiore apertura possibile”.
Il progetto è accompagnato da un libro d’artista, edito da Silvana Editoriale, con un testo critico di Mario Diacono e una conversazione tra Jules de Balincourt e Bob Nickas, critico d’arte americano che segue il suo lavoro da oltre dieci anni.


Selezione rassegna stampa

G. D'Acquisto, Jules de Balincourt, in "Marieclaire", ott. 2012

P. P. Pancotto, Jules de Balincourt, in "Artforum", mar. 2013

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