Ivor Prickett

No Home from War: Tales of Survival and Loss

30 aprile – 30 luglio 2023

In occasione del festival di Fotografia Europea 2023, dal titolo Europe Matters. Visioni di un’identità inquieta, Collezione Maramotti presenta No Home from War: Tales of Survival and Loss, prima mostra in Italia del fotogiornalista Ivor Prickett.

Con oltre cinquanta fotografie scattate in scenari di conflitto dal 2006 al 2022, No Home from War rappresenta la più ampia esposizione sul lavoro di Prickett fino ad oggi.

Dopo gli studi in Documentary Photography presso l’Università di Wales Newport (UK), Prickett ha iniziato a occuparsi di Europa e di Medio Oriente con l’urgenza di restituire e denunciare gli effetti delle guerre sulla popolazione civile, sulle vite delle persone devastate e sradicate, a prescindere dall’appartenenza all’uno o all’altro schieramento.
Partendo da una dimensione intima e domestica delle conseguenze sociali e umanitarie dei conflitti nel lungo periodo, nel corso degli anni lo sguardo di Prickett si è spostato nei luoghi di migrazione forzata, nelle terre di ricercato rifugio, fino a giungere in prima linea nelle zone di combattimento.
La casa – spazio reale e luogo interiore primario di protezione, appartenenza e radicamento – è un elemento centrale che ritorna, in diverse configurazioni, nel suo lavoro.

La mostra è strutturata seguendo il percorso di Prickett e la cronologia degli scatti.
Dal 2006 al 2010 il suo lavoro nei Balcani e nel Caucaso si è concentrato soprattutto su singoli individui e su piccoli gruppi familiari come nuclei di resistenza e tentativi incarnati di ri-esistenza. Nelle fotografie della minoranza serba in Croazia, sfollata negli anni Novanta a causa della guerra, così come nei ritratti della popolazione mingreliana georgiana in Abkhazia emerge una solitudine tanto ordinaria quanto abissale, che irradia da scenari e individui precari, sospesi, lasciati soli a fare i conti con la propria storia e a ricostruirla, partendo dalla ricerca di un senso di casa, di famiglia e di comunità in situazioni ancora molto fragili.

La crisi umanitaria derivata dalla guerra in Siria, i milioni di rifugiati in Medio Oriente e di migranti in Europa sono il soggetto di un corpo di lavoro realizzato da Prickett tra il 2013 e il 2015, muovendo l’obbiettivo dal vissuto privato verso l’esterno, nel momento stesso in cui le persone si trovavano costrette a spostarsi, a vivere in campi per rifugiati o a mettere a rischio la propria vita per sopravvivere, affrontando viaggi dall’esito incerto.

Seguendo la brutale guerra contro lo Stato Islamico (ISIS) in Iraq e in Siria tra il 2016 e il 2018 Prickett ha azzerato le distanze di spazio e di tempo con lo scenario bellico, scattando in prima linea al seguito dei contingenti militari iracheni. In questo paesaggio deflagrato, nelle immagini piene di macerie e di distruzione – in cui tutto sembra polverizzarsi o essere coperto dai resti di una recente esplosione – affiorano delicati brandelli di umana (stra)ordinarietà.

Con lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022 l’occhio di Prickett si è inizialmente soffermato sul crollo degli edifici, sul vuoto prodotto dai bombardamenti: le grandi ferite architettoniche divengono segni materiali e metafisici della distruzione dello spazio domestico e personale, aprendo uno squarcio sull’atrocità della situazione bellica in corso oggi in Europa. Attraverso gli occhi del fotografo i militari ucraini si stagliano come solenni figure avvolte dalla notte, i cui profili emergono solo se colpiti dalla luce delle loro stesse torce. Le esistenze dei civili, ancora una volta, si trovano accomunate in una condizione di dolore e incertezza, nell’incredulità del ripetersi dell’orrore.

Nelle scelte di taglio e di composizione degli scatti, nella luce non alterata artificialmente da cui emergono figure, ambienti e dettagli, Prickett crea immagini iconiche in cui riecheggiano soggetti e forme classiche dell’iconografia religiosa e della storia dell’arte.
L’amore e le virtù di santi senza nome, le espressioni contemporanee della Pietà, la semplicità di una scena bucolica, il mistero dell’attraversamento verso un’indefinita Isola dei Morti, il dramma di Caravaggio e la terrena spiritualità di Rembrandt: la forza simbolica ed estetica è per Prickett al servizio di una riflessione sulla storia presente.
Nel corto circuito generato dall’impressione di trovarsi di fronte a una forma di staged photography e dalla consapevolezza della drammatica realtà dei soggetti, questi frammenti di mondi si elevano a metafore universali e sollecitano una presa di posizione.

In occasione della mostra sarà pubblicato un libro con un testo di Arianna Di Genova, critica d’arte, giornalista e redattrice presso il quotidiano il manifesto.

 

30 aprile – 30 luglio 2023
Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente.
Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30
Sabato e domenica 10.30 – 18.30

Chiuso: 1° maggio

 

Selezione rassegna stampa:

J. Lustig, Ivor Prickett, in "FT Weekend", 1 lug. 2023

R. Holledge, No home from war: Images of conflict, survival and loss, in "The New European", 13 giu. 2023

M. Belpoliti, Occhio rotondo 9. Il filo, in "Doppiozero", 4 giu. 2023

M. De Leonardis, Ivor Prickett, con l'arma dell'empatia, in "Il manifesto", 16 mag. 2023

G. Crespo Maclennan, La Odesa de Yelena Yemchuk y la guerra según Ivor Prickett, in "El País", 11 mag. 2023

A. Marques Maia, Fotojornalista de guerra Ivor Prickett “não arriscaria o pescoço para estar no lado errado da história", in "O Publico", 8 mag. 2023